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Il Museo Archeologico di Nafplio

Il Museo Archeologico di Nafplio

Il Museo Archeologico di Nafplio: Un Tesoro Archeologico dell’Argolide

Il Museo Archeologico di Nafplio o Nauplia, situato nel cuore della città, rappresenta una tappa imprescindibile per gli appassionati di storia e archeologia che visitano l’Argolide. Nafplio è una delle città più belle della Grecia, secondo me la più bella; la sua fondazione risale al periodo miceneo, nel tempo è sempre stato un centro di primaria importanza fino a divenire la capitale dello Stato Ellenico nel 1829. Il museo archeologico è ospitato in un elegante edificio veneziano, l’ex arsenale veneziano, costruito nel 1713. Il museo custodisce un’ampia collezione di reperti provenienti da diversi siti archeologici della regione, offrendo un affascinante viaggio nel passato di questa parte della Grecia.

tempo di lettura 9 minuti.

Museo Archeologico di Nafplio, Piazza Syntagma Comune di Nafplion, Unità regionale di Argolide, Regione del Peloponneso

Museo archeologico di Nafplio

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76%

Un Viaggio nel Tempo

La collezione del Museo Archeologico di Nafplio spazia da reperti del Neolitico fino all’epoca romana, offrendo un quadro completo dell’evoluzione culturale e storica della regione. L’oggetto più notevole del museo, per il suo carattere unico, è senza dubbio l’ armatura micenea o Panoplia di Dendra. Tra i reperti più significativi, spiccano:

  • I reperti dalla grotta di Franchthi: Questa grotta, situata sulla costa argivo-laconica, è stata abitata ininterrottamente per circa 40.000 anni. I reperti provenienti da Franchthi, esposti al museo, documentano l’evoluzione dell’uomo e le prime forme di agricoltura e allevamento nel Mediterraneo orientale.
  • I reperti della necropoli di Dendra: Oltre alla famosa Panoplia, il museo espone altri reperti provenienti dalle tombe a tholos di Dendra, tra cui ceramiche, gioielli e oggetti in bronzo, che offrono un’ulteriore testimonianza della ricchezza e del potere delle élites micenee. Per maggiori informazioni leggi il mio articolo sulla Necropoli di Dendra
  • I reperti dell’ acropoli di Asine, una città dell’ Argolide, citata da Omero nell’Iliade. Si dice che sia stata fondata da una tribù aborigena dell’antica Grecia.
  • I reperti della necropoli di Nafplio, Sulla collina Evangelistria, sul versante nord-orientale del Palamidi, l’estesa collina e fortezza veneziana, è stata indagata una grande necropoli di oltre cinquanta tombe a camera. Le tombe, disposte a grappolo, furono utilizzate per sepolture successive dal XVI fino alla fine del XIII sec. A.C. Le dimensioni del cimitero, il suo lungo utilizzo e la ricchezza e diversità delle offerte indicano che nell’ubicazione della moderna Nauplia, con Akronafplia come punto focale, doveva esserci un insediamento miceneo fiorente e densamente popolato con una complessa organizzazione sociale. A causa della sua posizione in un’insenatura del Golfo di Argo, questo insediamento doveva essere un centro commerciale. La ceramica impiegata nelle tombe fa luce sulle pratiche mortuarie micenee, sono i resti della preparazione del cadavere, nonché dei rituali del bere , banchetti, libagioni e pratiche di purificazione.
  • I reperti della cittadella micenea di Tirinto
  • I reperti del centro miceneo di Midea
  • I reperti del centro miceneo di Kazarma, nei pressi del quale è conservato un magnifico ponte miceneo visibile dalla strada per l’Epidauro.

La Panoplia o armatura micenea di Dendra

La Panoplia di Dendra è un reperto archeologico di straordinaria importanza, che offre uno spaccato unico sulla cultura e le tecnologie militari della civiltà micenea. La Panoplia di Dendra è un’armatura completa in bronzo della fine del XV secolo a.C, rinvenuta all’interno di una tomba a tholos nel sito archeologico di Dendra, nell’Argolide. Si tratta di un ritrovamento eccezionale, in quanto è uno dei pochi esempi di equipaggiamento militare miceneo pervenutoci in condizioni così complete. Questa armatura proteggeva il guerriero dal collo alle ginocchia. La sua importanza testimonia una tecnica metallurgica avanzata: l’armatura dimostra una padronanza della lavorazione del bronzo sorprendente per l’epoca, con lamine perfettamente assemblate e un’attenzione ai dettagli che suggerisce una produzione altamente specializzata. L’armatura è completa: la Panoplia comprende un elmo, una corazza, spallacci e altri elementi protettivi, offrendo un’immagine completa dell’equipaggiamento di un guerriero miceneo. Il ritrovamento all’interno di una tomba a tholos suggerisce che l’armatura aveva un valore simbolico e religioso, oltre che militare. L’armatura era probabilmente appartenuta a un guerriero di alto rango, sottolineando l’importanza della figura del combattente nella società micenea. La produzione di un’armatura così complessa richiedeva risorse e competenze specializzate, indicando un’economia fiorente e organizzata.

I reperti dalla cittadella di tirinto

Tra le rocche micenee, Tirinto è quella meglio conservata, le mura ciclopiche della fortezza, il cui spessore è in media di 6 m, in qualche punto raggiungono ancora i 10 m di altezza. Durante gli scavi nella acropoli di Tirinto si ricuperarono, in una fossa ad O della rocca superiore, le offerte votive che si erano accumulate offerte alla dea Hera. Lo scudo votivo in argilla raffigurante una battaglia amazzonica (inizi VII secolo a.C.) è una delle tante offerte. Gli scudi d’argilla sono, insieme alle maschere rituali, i reperti più suggestivi della fossa di deposito, associata al culto della dea Hera. Gli scudi erano forse appesi in uno spazio sacro o usati per eseguire determinati rituali. Le uniche rappresentazioni scritte degli scudi sono tra le prime scene narrative a contenuto mitologico. È probabilmente raffigurata la scena in cui un imponente guerriero sta per uccidere un’Amazzone che indossa una gonna un episodio dell’Etiopide in cui Achille uccide la regina delle Amazzoni Pentesilea.

Maschere cerimoniali in terracotta dal “Bothros” o fossa della Cittadella Superiore di Tirinto, nell’Argolide, Peloponneso. Fine VIII – inizio VII secolo a.C.

Alcuni studiosi ritengono che le machere del Museo Archeologico di Nafplio, brutte creature dai denti da cinghiale, possano essere delle prime raffigurazioni della testa della Gorgone. Tirinto è una delle città dell’Argolide associate ai miti di Perseo e Medusa. Se queste maschere fossero state effettivamente indossate, avrebbero coperto l’intera testa, ma non ci sono incisioni negli occhi e chi le indossava sarebbe stato “cieco”. Le maschere hanno le orecchie forate per gli orecchini, il che le identifica come donne. Le maschere di Tirinto sono state paragonate alle maschere di terracotta del VII-VI secolo a.C. scoperte nel santuario di Artemide Orthia, Sparta ( leggi l’articolo ). Secondo varie teorie, le maschere erano associate a rituali di iniziazione o di raggiungimento della maggiore età. Tuttavia, le maschere spartane sono molto diverse nella forma e nel design.

Sepoltura c. III secolo a.C. Tesoro numismatico costituito da 92 stateri d’oro di Filippo II, Alessandro III, Filippo III Archidaeus, forse Lisimaco, Seleuco I e Demetrio Poliorcetes. Il tesoro è stato rinvenuto in un edificio secondario del santuario di Artemide, all’interno di un aritro di argilla non dipinto, ricoperto da un frammento di skyphos smaltato di nero.

La presenza di tesori all’interno dei santuari è indicativa sia dell’importanza delle monete come offerte agli dei, sia della funzione dei santuari come banche nell’antichità.

Dopo il crollo dei palazzi micenei, dai resti dei regni caduti dell’età del bronzo sorse una nuova classe aristocratica. Questa classe d’élite si definì in parte attraverso l’accensione e la manipolazione degli ideali eroici così come venivano proiettati nell’epica omerica. Lo stesso Omero quando descrive la posizione di Micene mensiona l’importanza dei cavalli in Argolide: ‘in Argo nutrice di cavalli’. Lo spirito eroico è espresso dal tema del cavallo e del condottiero, simbolo della classe aristocratica degli Argivi, mentre raffigurazioni di navi, donne danzanti, animali e uccelli costituiscono il mondo omerico. L’origine del simposio, l’istituzione che fornisce un forum cruciale per lo scambio di idee e il legame aristocratico all’interno del gruppo, può essere individuata nella produzione di vasi destinati al trasporto, alla miscelazione e al consumo del vino: anfore, crateri, oinochoai, tan – kard, coppe, skyphoi e kantharoi. Vale la pena soffermarsi su questo tema iconografico, in quanto è rintracciabile in sottoforma di “Despota dei cavalli” nelle civiltà italiche soprattutto nella civiltà picena. L’ ansa di hydria conservata nel museo archeologico di Ancona ne è la rappresentazione per eccellenza oltre ad altre molteplici testimonianze dell’arte picena.

Nella mente dei greci, il cavallo era strettamente associato al culto funebre; su di esso l’eroe compiva un viaggio nell’aldilà. È noto che possedere un cavallo era un segno di elevato status sociale. Pertanto, le figurine di cavalli collocate nelle tombe avrebbero dovuto indicare la posizione occupata dal defunto nella società. Inoltre, la statuetta del cavaliere rappresenta una sorta di incarnazione generalizzata dell’eroe guerriero . Dopo la morte, sembra salire a un livello ancora più alto, acquisendo la capacità di interferire nella vita dei vivi. È così che venivano venerati i guerrieri morti in battaglia.

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